L’IFO Institute ha pubblicato recentemente una indagine sul lavoro da remoto in Germania. I dati che emergono si riferiscono a febbraio 2023 ed evidenziano una crescita generalizzata dei lavoratori che operano in questa modalità.
Nei servizi nel settore IT, 3 lavoratori su 4 eseguono la loro prestazione lavorativa da remoto e a febbraio si è registrato addirittura un aumento, si è passati dal 71,7% di novembre 22 al 73,4%. In crescita anche i dati delle società di consulenza e gestione con percentuali del 70,7% ed in quelle di ricerca pubblicitaria e di mercato con il 55,3%.
Nella produzione, il remote working è molto utilizzato nel settore dell’abbigliamento con una percentuale del 28,8% e nell’industria delle case automobilistiche con il 27,3%.
“Questi dati dovrebbero farci riflettere” dichiara Gilberto Gini di smart workers union, “nel nostro paese le percentuali di impiego del remote working sono molto più basse, e questo conferma che l’Italia non sta cogliendo l’opportunità ed i benefici che porterebbe la digitalizzazione del lavoro”,
“il dato più preoccupante è che una volta tolti gli obblighi normativi che imponevano il lavoro da remoto per fronteggiare la pandemia, è scattato immediatamente il tentativo, sia da parte del settore privato che di quello pubblico, di tornare al solo lavoro in presenza” continua Gini, “mentre in Germania una volta eliminati gli obblighi il dato dei lavoratori remotizzati è addirittura aumentato;
“Le resistenze alla remotizzazione del lavoro ed il tentativo di restaurazione in corso, non fanno altro che confermare lo stato di arretratezza “digitale” del nostro paese, che si regge ancora su un modello economico novecentesco. A maggioranza ed opposizione che si stanno interrogando sul perché della scarsa affluenza alle urne, rispondiamo che i bisogni e le richieste dei lavoratori non vanno ignorati”, conclude il segretario.
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