L’Agenzia delle Entrate con risposta n.314/2021 ha precisato che, i rimborsi dati ai propri dipendenti che eseguono la propria prestazione in smart working, non devono essere considerati reddito da lavoro dipendente e sono esclusi da tassazione.
Nonostante il c.d. principio di onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente, in cui tutte le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore, anche a titolo di rimborso spese, costituiscono per quest’ultimo reddito di lavoro dipendente, l’Agenzia ha specificato che le spese sostenute dal lavoratore e rimborsate in modo forfetario sono escluse dalla base imponibile solo nell’ipotesi in cui il legislatore abbia previsto un criterio volto a determinarne la quota.
Nel caso preso in esame, in assenza di un criterio definito dal legislatore, l’azienda, secondo l’Agenzia, ha stabilito sulla base di criteri oggettivi e accertabili i costi da rimborsare ai dipendenti, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente.
Sulla base di tale considerazione, ritiene corretto che la quota di costi rimborsati al dipendente, possa considerarsi riferibile a consumi sostenuti nell’interesse esclusivo del datore di lavoro.
In ragione di quanto affermato l’Agenzia delle Entrate ritiene che le somme erogate dalla Società al fine di rimborsare il dipendente dei costi sostenuti attraverso le modalità rappresentate non siano imponibili ai fini IRPEF.
Senz’altro positivo il principio per il quale si possa rimborsare il lavoratore in smart working, ma c’e’ da sottolineare che le quote previste in questo caso specifico sono realmente irrisorie, considerando soprattutto che non sono previsti ristori per la climatizzazione, rete internet, vitto ed elettricità. È necessario un intervento urgente del legislatore.
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