Massimo Cacciari sullo smart working

Il caso

La rivista on line StartupItalia riporta un pensiero del filosofo Massimo Cacciari sullo smart working, che nel suo libro “il lavoro dello spirito”, in cui si parla della liberazione dell’umano dalla gabbia della ripetizione e dell’alienazione grazie alla scienza, ha scritto che l’idea che la liberazione dal lavoro come labor, fatica, ponos possa avere a che fare con lo smartworking è semplicemente ridicola.

Secondo il magazine per il filosofo è troppo evidente che lavorare di fronte ad un pc, a casa e senza rapporto sociale, a distanza sociale, occupato in attività de-responsabilizzanti, può essere mille volte più alienante che ad una catena di montaggio.

La nostra opinione

A nostro avviso quello che lascia molto perplessi è la visione ottocentesca del lavoro da remoto del filosofo, una visione “pandemica” che vede ancora lo smart working come una costrizione a stare rinchiusi dentro una casa, a lavorare davanti ad un pc, senza avere rapporti sociali.

Onestamente da un intellettuale del calibro di Cacciari ci aspettavamo una visione “futurista”, ma evidentemente la narrazione di una parte dei mass media contro il lavoro agile, ha colpito anche l’ex sindaco di Venezia.

Il pensiero di Massimo Cacciari sullo smart working è totalmente errato, perchè questa modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, che è una scelta del lavoratore e non un obbligo, lo libera da tante costrizioni e concezioni che sono racchiuse nella vecchia cultura del lavoro.

Il lavoratore da remoto ha più autonomia, è più felice e produce di più, proprio perché si toglie parte delle “gabbie” imposte dalla cultura predominante del controllo e del comando, che vuole ancora un orario ed un luogo di lavoro definiti e obbligatori.

Anche le relazioni sociali migliorano in maniera significativa, a partire da quelle con i propri famigliari. La possibilità di scegliersi il tempo e il luogo di lavoro aumenta le probabilità di avere molteplici relazioni sociali, e soprattutto da l’opportunità anche di sceglierle.

Contrariamente a quello che pensa il filosofo, il lavoratore con il lavoro agile è meno esposto alle relazioni sociali definite “tossiche”, che sono notoriamente quelle tra persone che sono obbligate a stare nello stesso luogo di lavoro, che creano spesso stress e problemi di convivenza.

Infine, ma non per importanza, non va dimenticato il tempo perso nel traffico con un alto impatto ambientale, e il pendolarismo di tanti lavoratori che sono costretti, in condizioni pietose, a recarsi nei luoghi di lavoro.

Le nostre conclusioni

Riteniamo che scegliersi la modalità di lavoro, il luogo ed il tempo di lavoro e quello di svago rappresentino proprio l’inizio della liberazione dell’umano dalla gabbia della ripetizione e dell’alienazione. Con l’avvento dello smart working di massa è iniziata una nuova rivoluzione industriale, che nessuno potrà fermare, filosofi compresi.

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