L’assegno ordinario di invalidità
L’assegno ordinario di invalidità arriva anche nella Pubblica Amministrazione, una misura che permette ai dipendenti con gravi limitazioni fisiche di continuare a lavorare ricevendo contemporaneamente un sostegno economico.
Il nuovo sistema, introdotto dal decreto legge 25/2024, segna un importante passo verso l’allineamento tra settore pubblico e privato.
Fino ad oggi, un dipendente pubblico che vedeva la propria capacità lavorativa ridursi sotto il 33% aveva come unica opzione il pensionamento anticipato. Con la nuova norma, chi supera la soglia del 67% di invalidità potrà invece rimanere in servizio, cumulando parzialmente lo stipendio con l’assegno di invalidità.
Il provvedimento arriva a sanare una situazione anomala: nel pubblico impiego convivevano finora diversi trattamenti pensionistici per invalidità, ciascuno con requisiti e modalità di calcolo differenti. Una giungla normativa che il legislatore ha finalmente deciso di bonificare.
Gli aspetti negativi
Non tutti però potranno beneficiare della novità. Restano esclusi i comparti della sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico, per i quali permangono le regole precedenti. Inoltre questo nuovo provvedimento vale solo per i nuovi assunti dalla data di entrata in vigore, creando una pericolosa disparità di trattamento tra i lavoratori della PA.
L’applicazione del nuovo sistema dipenderà poi dalle singole casse previdenziali di riferimento, dalla CTPS per i dipendenti statali alla cassa degli enti locali, fino ai fondi di Ferrovie e Poste.
Particolarmente significativa la scelta di fissare perentoriamente a 90 giorni il termine per la liquidazione del trattamento di fine servizio, anche se il decreto omette ogni riferimento agli interessi in caso di ritardo. Un dettaglio non da poco che potrebbe generare contenzioso in futuro.
Continua così il percorso di equiparazione tra pubblico e privato, almeno per i nuovi assunti. Resta da vedere come verrà applicata nella pratica questa nuova disciplina, soprattutto per quanto riguarda la verifica della capacità lavorativa residua.
Una sfida non da poco per un Paese che invecchia e dove sempre più lavoratori dovranno fare i conti con problemi di salute durante la loro vita attiva.
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